L’uso civico nella dottrina – le diverse teorie giuridiche – riferimenti alla più antica giurisprudenza ed agli Autori
1. La categoria dei diritti/usi civici ha dato luogo a tesi dottrinarie diverse e contrastanti quanto ad origini, configurazione, sviluppo di questi diritti nelle varie epoche, natura giuridica e, soprattutto quanto al rapporto comunità di abitanti – comune (ente amministrativo) o frazione (di comune).
I temi più dibattuti tra i demanialisti delle vecchie scuole e tuttora oggetto di studio in dottrina e giurisprudenza, riguardano: 1. origine e formazione delle proprietà collettive o domini collettivi (indicati con denominazioni diverse nelle varie aree geografiche); 2. natura giuridica e titolarità degli antichi diritti di utilizzo (uso civico) dei beni della comunità (boschi, pascoli, terre agricole) da parte dei cives che ne traevano i mezzi di sostentamento proprio e del gruppo/comunità. I demanialisti dicevano che il civis esercitava il suo diritto uti singulus et uti civis (Ranelletti e Aliquò).
Nella fase di transizione dall’economia feudale al sistema economico capitalistico, l’utilizzo in forma diretta e promiscua dei demani feudali da parte dei cives fu considerato un ostacolo all’applicazione delle nuove tecniche di coltivazione dei campi. I diritti dei cives furono declassati a servitù negative o proibitive o oneri reali che limitavano il diritto del proprietario e, come tali da liquidare ovvero ridotti a mere consuetudini locali e addirittura confusi con gli usi o abusi feudali da sopprimere. Sulla natura di questi diritti sono molto interessanti le considerazioni di Aliquò.
3. rapporto tra la comunità di abitanti discendenti dalle comunità originarie e l’ente amministrativo locale (comune e sub – comune o frazione) per quanto riguarda l’appartenenza degli antichi patrimoni delle comunità originarie di abitanti, intestati in catasto all’ente – comune, ed utilizzati dai cives per i loro bisogni di vita (Ranelletti e Aliquò).
2. Segnaliamo i due indirizzi dottrinari di maggiore attualità: – I indirizzo (oggi minoritario): i cives hanno solo l’uso del bene, ( uso civico in senso tecnico) la titolarità è dell’ente – comune: v. Astuti, Petronio, Cortese.
I beni di demanio civico o patrimoni collettivi appartengono – a titolo di proprietà – alla comunità di abitanti così come costituita nei vari ordinamenti e nelle varie epoche, i cives ne hanno avuto solo l’utilizzo in concreto (Ranelletti). Con la creazione del comune – ente amministrativo, succeduto alla anteriore comunità di abitanti – ente o comune patrimoniale – si è posto il problema della appartenenza degli antichi patrimoni che il comune amministrativo rivendica al suo patrimonio disponibile, riconoscendo ai cives il solo diritto di uso e godimento delle terre gravate dagli usi anteriori.
II indirizzo (senz’altro più avanzato): la comunità di abitanti è un’entità naturale, preesistente e distinta dall’ente amministrativo. La comunità originaria è titolare/proprietaria dei diritti civici, unitamente ai cives che la compongono. Il diritto civico appartiene quindi contestualmente alla comunità di abitanti ed ai cives ed è esercitato dal singolo cittadino uti civis et uti singulus.
La discussione degli storici e della dottrina su questi temi è stata sempre molto accesa ed è ancora attuale. Anche se è difficile per gli A. che non riconoscono l’appartenenza di questi diritti ai cives ed alla comunità di abitanti, dimostrare e documentare l’appartenenza dei diritti originari al comune ente, comunque organizzato (comune, città,…) nell’epoca anteriore alla sua formazione storica.
Sulle varie teorie riportiamo gli scritti degli Autori di maggior interesse.
Sul secondo indirizzo, tra gli autori più autorevoli del passato, Ranelletti ed oggi Guido Cervati, Paolo Grossi, Fabrizio Marinelli e Vincenzo Cerulli Irelli.
Per superare il contrasto fra i due indirizzi, è intervenuto il legislatore del 1927 che ha sottoposto allo stesso regime della legge sia “… i diritti di promiscuo godimento delle terre spettanti agli abitanti di un comune o di una frazione e per la sistemazione delle terre provenienti dalla liquidazione … degli usi civici e delle altre possedute da comuni, università ed altre associazioni agrarie, comunque denominate, soggette all’esercizio di usi civici…” ( art. 1 della legge 16 giugno 1927 n.1766 sul riordinamento degli usi civici nel regno).