Le leggi degli Stati preunitari: leggi abolitive della feudalità, sulla ripartizione dei demani e lo scioglimento delle promiscuità – leggi di liquidazione degli usi civici su terre private negli stati preunitari in Italia e nelle isole.
1. Premessa. Alla cessazione della feudalità, le norme sulla ripartizione dei demani feudali ed il sistema di liquidazione degli usi delle collettività sulle terre private, che hanno la loro origine nei principi dell’Illuminismo e negli indirizzi economici del secolo XVIII e ss. tendono a far prevalere il modello privatistico, il c.d. individualismo agrario e quindi a considerare nocive all’agricoltura le varie forme di gestione collettiva. E’ lo stesso indirizzo che ha portato, fin dalle prime leggi eversive della feudalità, alla quotizzazione delle terre a vocazione agricola ed alla concessione delle quote agli utenti a titolo di enfiteusi affrancabile.
Negli Stati preunitari la materia era disciplinata da una serie di provvedimenti legislativi: ci limitiamo qui ad indicare quelli di maggior rilievo per consentire al lettore di orientarsi in una produzione normativa assai vasta ma altrettanto specializzata. Va tuttavia sottolineato che il legislatore nazionale ha tenuto conto essenzialmente dei principi e tendenze delle leggi abolitive degli Stati meridionali. L’ampio ed elevato dibattito che si ebbe all’epoca dei lavori parlamentari sulla legge di riordino del 1927 è riportato in Riv. deman.. 1927, 40 ss.
2. Leggi liquidative preunitarie. Nel riferirle, occorre avere presente che le varie dichiarazioni estintive di usi, come le norme che disponevano le ripartizioni di terre, furono tutte condizionate alla loro attuazione ed è per tale ragione che i problemi che ne derivarono sono spesso ancora attuali.
La raccolta più completa delle leggi degli Stati preunitari è contenuta nel Codice degli usi civici di Acrosso e Rizzi, Jandi Sapi Ed.1956, ristampa 1994. Per ampi riferimenti alle leggi preunitarie nelle diverse Regioni d’Italia, v. “Gli usi civici “ di M. Zaccagnini e A. Palatiello, Jovene 1984.
Provincie napoletane e siciliane: La legislazione più organica è quella dell’ex Regno delle due Sicilie: la prima disciplina sulla ripartizione dei demani e sull’affrancazione delle servitù civiche può farsi risalire alla Prammatica XXIX De Administratione Universitatum del 23 febbraio 1792 di Ferdinando IV, Re di Napoli. Seguirono la 1. 2 agosto 1806 sulla abolizione della feudalità, la 1. 1° settembre 1806 e il decr. 8 giugno 1807 di Giuseppe Napoleone sulla ripartizione dei demani e lo scioglimento delle promiscuità. Questa legislazione fu diretta essenzialmente ad accertare i diritti imprescrittibili delle popolazioni. Per risolvere l’enorme contenzioso tra le popolazioni ed i baroni, Giuseppe Napoleone con decr. 11 novembre 1807 istituì la ben nota Commissione Feudale con il compito di risolvere “ nel corso dell’anno 1808 .. tutte le cause di qualunque natura tra Università e Baroni”. Il termine fu prorogato con decreto del 28 novembre 1808. La Commissione in diciotto mesi emise tremila sentenze, per la maggior parte ricognitive dei diritti delle popolazioni, le cui massime furono riconosciute “monumenti di sapienza” da una speciale Commissione nominata da Ferdinando I° di Borbone, dopo la Restaurazione. Dalle sentenze della Commissione Feudale furono tratte 16 massime, riconosciute e sancite come norme di legge con rescritto 20 settembre 1815.
Per le operazioni di divisione dei demani Gioacchino Napoleone con decr. 23 ottobre 1809 (“bramando di accelerare la divisione dei beni comunali in adempimento della legge del 1 settembre 1806…” nominò speciali commissari, sostituiti con decr. 27 settembre 1811 dagli intendenti delle province, cui si ricollega l’istituto del commissario ripartitore (art. 16 1. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E dello Stato unitario), che è lo stesso commissario della legge del 1927 (infra).
Dopo la Restaurazione, le leggi abolitive dei napoleonidi furono confermate dalla 1. 12 dicembre 1816 sull’amministrazione civile e dalla legge 21 marzo 1817 sul contenzioso amministrativo.
In Sicilia le leggi abolitive della feudalità e le disposizioni per lo scioglimento delle promiscuità furono applicate in epoca successiva (decr. 11 settembre 1825 e decr. 19 dicembre 1938).
Demani speciali:
In terra di Puglia, Lucera: Giuseppe Napoleone con decreto 7 settembre 1806 escluse il demanio lucerino dalla ripartizione e con decreto 8 settembre 1810 confermò alla Città e popolazione di Lucera gli antichi privilegi.
Terre d’Otranto: con il decreto 21 gennaio 1809 fu affrancato il diritto fiscale sui fondi soggetti alla gran foresta d’Oria;
Provincia di Lecce: con il decreto 16 ottobre 1809 furono emanate disposizioni particolari per la provincia di Lecce circa il diritto feudale di decima e le stesse disposizioni furono estese agli enfiteuti ed aventi causa dagli ex feudatari con il decreto 17 ottobre 1811;
Tavoliere di Puglia: con la Ministeriale dell’Arcivescovo di Taranto furono esentati dalla divisione i riposi dei tratturi di Saccione e di Montesantangelo, in provincia di Capitanata e delle Murgie di Minervino, in provincia della Terra di Bari.
Per le terre corse di Calabria, terre soggette a speciali servitù di pascolo ed allo jus arandi (i cd. corsi feudali), furono emanate speciali Istruzioni con decreto 24 maggio 1810 di Gioacchino Napoleone. In base al detto decreto si distinguevano i demani ex feudali che rimanevano soggetti agli usi civici ed alla divisione a norma delle leggi generali ed i beni allodiali che rimanevano a disposizione degli ex baroni.
Negli ex Stati pontifici si provvide all’affrancazione delle servitù di pascere, vendere erbe e fidare (imporre tasse a titolo di pascolo) con la notificazione del 29 dicembre 1849 di Papa Pio IX°. Con varie leggi posteriori le stesse disposizioni furono estese anche alle servitù di semina e legnatico (11. 24 giugno 1888, n. 5489, e 2 luglio 1891, n. 381, riunite nel t.u. approvato con r.d. 3 agosto 1891, n. 510). Le servitù venivano abolite “ nella estensione e misura dell’ultimo possesso di fatto”; i proprietari dei fondi gravati erano obbligati a dare agli utenti una indennità o in terreno corrispondente al valore del diritto abolito, o in un canone annuo determinato sulla media dell’ultimo decennio di possesso. I compensi sostitutivi degli usi affrancati venivano assegnati agli utenti riuniti in gruppi o alle preesistenti associazioni di fatto le quali, dopo aspre lotte sociali, furono riconosciute come persone giuridiche con la l. 4 agosto 1894, n. 397, sui domini collettivi.
In ciascun capoluogo di circondario delle provincie, venne istituita una Giunta composta da tre arbitri incaricata di provvedere alla ricognizione ed identificazione dei fondi gravati dalle servitù, alla liquidazione ed assegnazione dell’indennità sostitutiva agli aventi diritto ed alla risoluzione delle vertenze che potevano sorgere. Quando la Giunta d’Arbitri riteneva indispensabile per la popolazione continuare nell’esercizio degli usi, poteva ammettere gli utenti alla affrancazione di tutto o parte del fondo gravato, con il pagamento di un canone annuo a favore del proprietario ( cd. liquidazione invertita).
Le leggi liquidative di cui al t.u. 510 non ebbero pratica esecuzione per la difficoltà di pagare le indennità di liquidazione. Ne fu quindi sospesa l’applicazione con la legge 8 marzo 1908 n.76. Con successivi decreti luogotenenziali (29 agosto 1916 n. 1053, 4 ottobre 1917 n.1604, 14 luglio 1918 n.1142) si autorizzò l’Istituto naz. per le assicurazioni, le Casse di risparmio, i Monti di Pietà, la Cassa Naz. di Previdenza invalidità e vecchiaia per gli operai e vari istituti di credito agrario a concedere mutui agli enti agrari del Lazio per l’acquisto dei terreni ed il pagamento delle indennità di liquidazione agli utenti aventi diritto.
In Toscana la liquidazione, attuata da Pietro Leopoldo, fu diretta a creare proprietà private con la vendita o l’allivellamento dei beni delle comunità e l’abolizione degli usi,dapprima senza compenso (motu proprio del Granduca 11 marzo 1776 per l’Appennino pistoiese e gli editti degli anni 1776-1778 per la provincia pisana e le province inferiore e superiore senesi); fu solo col r.d. del Governo toscano 9 marzo 1860 per l’ex principato di Piombino che si introdusse il principio dell’affrancazione con scorporo.
In Sardegna e nelle province settentrionali l’abolizione degli usi e diritti civici fu più tarda ed in genere avvenne con l’unificazione. Nell’Isola, dopo l’editto sulle chiudende del 6 ottobre 1820 e la 1. 15 aprile 1851, n. 1192, che proibì il pascolo comune anche sui terreni aperti, gli ademprivi e i diritti c.d. di cussorgia (termini sardi per indicare diritti e beni civici) furono aboliti (con compenso) con la l. 23 aprile 1865, n. 2252.
In Lombardia le ordinanze 23 agosto 1770 e 14 marzo 1775 di Giuseppe II e Maria Teresa, che consentivano la divisione di molti pascoli comunali fra i capi-famiglia, facevano tuttavia salvi gli usi in esercizio dei comunisti e analoga salvezza troviamo nelle leggi della Repubblica Cisalpina sulla vendita dei c.d. incolti (art. 5 decr. 23 dicembre 1803, n. 97).
Nel Veneto le terre collettive amministrate dai corpi degli antichi originari (c.d. regole) furono trasferite ai comuni con decreto di Napoleone 25 novembre 1806, n. 225, al fine di far cessare le liti tra antichi e nuovi originari. L’abolizione degli usi fu invece posteriore: con ordinanza imperiale austriaca 25 giugno 1856 e con leggi dello Stato italiano (1. 4 marzo 1860, n. 4939) fu abolito con compenso il diritto di pascolo (c.d. pensionatico) nelle province venete; con d. luog. 9 agosto 1861 venne affrancato l’onere del c.d. vagantivo sui fondi bonificati ed infine con 1. 2 aprile 1882, n. 698, anche i diritti di pascolo ed erbatico nelle province di Vicenza, Belluno ed Udine: l’abolizione fu poi estesa alle province di Treviso e Venezia ed in alcuni comuni della provincia di Torino con 1. 7 maggio 1885, n. 3093.
Nel Trentino-Alto Adige l’affrancazione dei diritti di pascolo e di legnatico (c.d. reluizione) fu regolata con la Patente Imperiale 5 luglio 1853, n. 130, mentre la divisione dei terreni comuni e la regolazione dei diritti comuni di godimento ed amministrazione ebbe luogo con l. 7 giugno 1883, n. 94. Con la legge provinciale del 19 giugno 1909 n.61 per la Contea principesca del Tirolo si provvide alla divisione dei terreni comuni e la regolazione dei diritti di godimento e di amministrazione che vi si riferiscono.
Nello Stato unitario con l. 1 novembre 1875, n. 2794, fu disposta e regolamentata l’affrancazione dei diritti d’uso sui boschi demaniali.