La prova dei diritti civici – gli antichi catasti
Il diritto civico o dei cives è in rapporto strettissimo con la formazione delle comunità di abitanti e il loro insediamento e sviluppo sul territorio. E questo spiega perché è difficilissimo e, nella maggior parte dei casi, quasi impossibile trovare e, quindi, poter avere la prova storico -documentale circa origine, esistenza e modalità di esercizio dei diritti o più esattamente dei possessi originari delle comunità di abitanti, risalenti ad epoche di diritto consuetudinario, non scritto.
In una materia in cui la ricerca storica delle fonti documentali è così ardua e complessa, il legislatore nazionale del 1927, sulla base dei principi e massime di diritto elaborate nel contenzioso che ha fatto seguito alle leggi abolitive della feudalità negli Stati meridionali, ha sancito che “…ove non esista la prova documentale, è ammesso qualunque altro mezzo legale di prova, purchè l’esercizio dell’uso non sia cessato anteriormente al 1800.” (art. 2 1. 16 giugno 1927 n. 1766 sul riordinamento degli usi civici).
Il maggior problema – nel vigente ordinamento di diritto scritto – è rappresentato dalla ricerca delle prove documentali dei titoli originari per gli usi il cui esercizio è cessato prima del 1800 e dalla difficoltà della prova orale (per testi) per gli usi ancora in esercizio prima del 1800.
Le scuole giuridiche di fine 800 hanno cercato di superare il problema della prova documentale con il ricorso alla categoria delle presunzioni circa l’esistenza degli usi nei territori abitati (ubi fenda ibi demania), ed alla prova cd. per immemorabile. Quando l’esercizio del diritto di uso civico da parte dei cives è così antico che si è perso il ricordo della sua origine, ed è solo attraverso il ricordo dei più anziani del paese che è possibile ricostruirne le modalità, si ricorre all’espediente di atti notori, in cui i più anziani ricordano ed attestano – per averlo appreso dai loro avi – esistenza, natura ed estensione dell’utilizzo dei beni da parte della popolazione.
Ricordiamo anche che la massima “ubi feuda ibi demania” significa che i terreni feudali abitati devono ritenersi gravati dagli usi a favore della popolazione preesistente, anche quando manca la prova documentale. La massima trova la sua giustificazione nella realtà storica del sistema agrario feudale, nel quale i diritti civici corrispondevano alle esigenze di vita della popolazione del feudo ed anche alla necessità per il feudatario che il feudo non restasse abbandonato ed incolto.
Su questi temi vi è una ricchissima giurisprudenza della cassazione degli anni di fine 800 e prima metà del 900 che abbiamo richiamato nel sito. sezione sentenze, sottovoce giurisprudenza storica, pag.19 ss
Antichi documenti e indagini catastali
Per la ricerca della documentazione storico-giuridico-catastale dei diritti civici e degli antichi patrimoni e demani delle comunità locali, occorre consultare gli archivi di Stato, gli Uffici ex UTE, ora Agenzie del Territorio per le ricerche catastali, gli uffici tavolari nelle ex provincie austriache (Lombardia e Veneto, Trento e Bolzano,Trieste),
gli archivi dei Commissariati regionali per gli usi civici e archivi regionali dove sono conservate le verifiche demaniali ed istruttorie storiche,
gli archivi comunali, gli archivi privati (famiglie nobiliari) ed ecclesiastici, gli archivi notarili.
Gli antichi catasti
Cessati Catasti per i Comuni già appartenenti all’ex Stato della Chiesa e Regno di Napoli,
tratto da “Glossario usi civici” a cura di Angelo Benedetti, pubbl. in GEOPUNTO, RIVISTA DEI GEOMETRI, n.16/07.
Catasto Piano o annonario,1783 /1834; detto Catasto venne ordinato da Pio VI con Motu proprio del 20 luglio 1779 e pubblicato nel 1783. Si trattava di. un. Catasto a «misura» nonché basato sul calcolo della «intrinseca feracità»,cioè della produttività potenziale. I proprietari dei terreni dovevano fornire alle Comunità dichiarazioni di «assegne» giurate sui loro beni in base a precedenti atti catastali o contrattuali. Le Comunità, a loro volta, dovevano provvedere a valutare i terreni stessi affidandosi a periti agrimensori. L’applicazione di tali disposizioni incontrò infinite resistenze ed opposizioni,senza contare le aree,ad esempio la Campagna romana,rimaste fuori dalle disposizioni catastali. In sostanza, fu d’uopo attendere il successivo pontefice,Pio VII, per ottenere che il Catasto giungesse a compimento.
– Vecchio Catasto terreni, in sostanza il Catasto Gregoriano dal 1835 alla attivazione del vigente Catasto dei Terreni. Il Catasto Gregoriano prese il nome da Gregorio XVI sotto il cui pontificato andò in azione. Era stato ordinato da Pio VII con Motu proprio del 3 marzo 1819. Fu un censimento geometrico-particellare, a stima indiretta, basato sul criterio dell’attività relativa. Per la misurazione delle superfici fu adottato il sistema metrico, scegliendo come unità la «tavola» di metri quadrati mille; dieci «tavole» formavano il «quadrato», ossia l’ettaro.
– Catasto Onciarío. Onciario, in quanto i beni erano valutati nell’antica moneta di conto, l’oncia;veniva disposto con Regal. Dispaccio del 04.01.1740; risultava disciplinato da più atti della Regia Camera della Sommaria e le fondamentali istruzioni emanate erano del 17 marzo 1741 e 20 settembre 1742, mentre le disposizioni erano del 5 agosto 1741, 15 agosto 1741, 31 ottobre 1741 e 28 settembre 1742.
– Catasto provvisorio. Catasto ordinato da Gioacchino Napoleone, decreto del 4 aprile1809, è uno dei più importanti catasti descrittivi. L’imposta doveva incidere sul prodotto netto dei beni e la contribuzione non poteva eccedere il quinto del prodotto netto. L’estimo, pur essendo per classi e tariffe,era fondato sulla stima sintetica fatta sulla base del valore locativo o prezzo di affitto o del valore venale o prezzo di vendita.